Premessa

Sollecitato da alcuni amici e compagni di lavoro che anche recentemente si sono occupati del Monti, che hanno letto il presente saggio pubblicato in forma di dispense dall’editore Bozzi in relazione ad un mio corso tenuto all’Università di Genova nell’anno accademico 1955-1956 e che lo hanno anche pubblicamente considerato, secondo le parole di uno di loro, Gennaro Barbarisi (nel suo saggio del ’69), «l’opera complessiva piú moderna sulla figura del Monti e sulla sua cultura nella quale sono trattati tutti i problemi che siamo venuti accennando»[1], mi sono risolto a pubblicarlo in forma di libro solo completando il primo capitolo sul problema critico montiano portato fino ad oggi, e rimandando una ripresa ed estensione approfondita di questa mia interpretazione montiana ad una progettata opera complessiva sul periodo dall’Alfieri al Leopardi.

Come nacque, entro la mia attività, cosí fortemente (anche se non solamente) rivolta al Settecento e Ottocento, quel corso e quel libro “rimasto nel cassetto”? Monti non era certo stato assente dalla mia prospettiva e attività di studio e, se già nel 1946 ne avevo commentato vari componimenti poetici (e specie la Feroniade su cui fin da allora puntavo come su una delle opere piú significative del neoclassicismo italiano) nell’antologia Scrittori d’Italia[2] (Ottocento e Novecento), la sua presenza, piú che in Preromanticismo italiano, del 1947, prendeva spicco particolare nella mia prolusione genovese del ’48, La poetica neoclassica in Italia[3], e poi in Classicismo e neoclassicismo nella letteratura del Settecento[4], mentre egli avrebbe avuto pur posto (come tramite originale di temi e moduli poetici italiani e stranieri) nel mio saggio del ’62 su Leopardi e la poesia del Settecento[5] e (come vicino e antagonista fortunato del Foscolo) nei miei saggi foscoliani ora raccolti nel volume L’intervento di Foscolo[6] nonché (per la sua prima poetica) nel Settecento letterario del ’68[7].

Ma è nel 1955, in relazione a studi promossi dal bicentenario della nascita del Monti (1954), che provai l’esigenza di chiarirmi piú direttamente la posizione di questo pur alto, seppure a me non congeniale, scrittore, fino allora soprattutto da me considerato in rapporto ai piú grandi, e a me ben diversamente congeniali, Foscolo e Leopardi.

Nacquero cosí il corso genovese e questo saggio che ora intitolo Monti poeta del consenso, sia perché tale è il suo vero significato storico-politico e poetico (il consenso è anche l’adesione entusiastica e a suo modo autentica della fantasia e della sensazione al colore delle immagini affascinanti della storia e della poesia passata e contemporanea), sia perché a me preme, senza nulla detrarre al suo significato, sottolineare (specie di fronte a possibili esaltazioni del Monti come intellettuale-poeta organico al potere e alla classe egemone) appunto questa sua posizione, cosí diversa dall’intervento storico-personale del Foscolo e dalla protesta del grandissimo Leopardi, con chiare implicazioni di poetica e di poesia. Mentre, d’altra parte, adopero la parola (pur cosí contestata) di “poeta” perché sono convinto che per Monti non solo della posizione di un intellettuale e di un artista professionale si tratta, ma di una disposizione genuina all’accensione poetica, anche se incapace (per esilità di problematica e forza commutatrice) di organicamente realizzarsi in grande poesia.

Certo questo saggio appartiene ad una fase del mio lavoro critico meno adeguata all’espansione e alla messa in azione di tutte le indicazioni che, anni dopo, si diramarono come istanze necessarie della mia nozione operativa di poetica (in Poetica, critica e storia letteraria[8]) e che mi sembrano piú concretamente esplicitate nei miei saggi piú recenti[9]. Sicché, entro la stretta economia del corso (da cui deriva il saggio) che soprattutto sull’opera in versi puntava (né anche adesso, ripeto, in una piú ampia prospettiva sull’“intellettuale-poeta” appiattirei il poeta sul semplice “intellettuale”), devo chiaramente rilevare la mancanza di trattazione di alcune parti e problemi dell’attività montiana (la sua produzione di prosa programmatico-critica: le lezioni pavesi, il grosso capitolo del linguista e polemista della Proposta; nonché, in sede di attività poetica, il traduttore di Persio), mentre è comunque (seppure per la ricordata economia del corso) risultata troppo rattratta quella fase finale della sua poesia che ora ben diversamente esaminerei.

Malgrado queste aperte indicazioni dei suoi limiti, ritengo opportuno il parere di quanti mi hanno fortemente stimolato a pubblicare questo saggio cosí com’era, riservandomi, ripeto, di tornare sul problema del Monti anche in relazione al grosso lavoro che viene proprio adesso impiantato, di un’edizione nazionale delle sue opere[10], rimaste (a parte l’epistolario edito dal Bertoldi) a vecchie edizioni ottocentesche o ancora inedite.

Roma, 18 gennaio 1981


1 G. Barbarisi, Vincenzo Monti e la cultura neoclassica, in Storia della letteratura italiana, Milano, Garzanti, 1969, VII, p. 93. E si veda l’accenno di B.M. Frabotta in una scheda alla rassegna montiana di D. Consoli, in «La Rassegna della letteratura italiana», 1-2, 1981. Cita quelle dispense anche N. Mineo nel suo capitolo montiano, nella Storia della letteratura italiana, Bari, Laterza, 1977.

2 Scrittori d’Italia, a cura di N. Sapegno, G. Trombatore, W. Binni, III vol. a cura di W. Binni, Firenze, La Nuova Italia, 1946.

3 In «Belfagor», 1950, e poi in Classicismo e neoclassicismo nella letteratura del Settecento, Firenze, La Nuova Italia, 1963, 19763.

4 Op. cit.

5 In «La Rassegna della letteratura italiana», 1963, poi in La protesta di Leopardi, Firenze, Sansoni, 1973, 19804.

6 Di prossima pubblicazione presso Einaudi.

7 In Storia della letteratura italiana, VI, Milano, Garzanti, 1968.

8 Bari, Laterza, 1963, 19809.

9 Penso, dopo La protesta di Leopardi, soprattutto al volume Due studi critici: Ariosto e Foscolo, Roma, Bulzoni, 1978, al saggio foscoliano del ’78 (in «La Rassegna della letteratura italiana», 1979, e ora in L’intervento di Foscolo in corso di pubblicazione presso Einaudi), al saggio La poesia di Leopardi negli anni napoletani, in «La Rassegna della letteratura italiana», 1980.

10 Sarà intrapresa, con l’editore Le Monnier, da un Comitato Nazionale che si affianca a quello delle opere foscoliane, ambedue da me presieduti.